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15 luglio 2007.

                 Frontiera azera.  Appena superata dopo 4 ore di attesa. Il bello è che essendo domenica pomeriggio non c’era quasi nessuno. E’ stato tutto un rimandarci da un ufficio all’altro per rifare le stesse cose, “non capire” gli stessi documenti, un non capirci… (il tipo che aveva preso in carico la nostra pratica poi era uno strano tipo, pignolo e che rifiutava qualsiasi nostro tentativo di utilizzare altri tipi di comunicazione, come disegnare e scrivere numeri…) Comunque quando sembrava che ce l’avessimo fatta ho avuto la malaugurata idea di scendere dal camper con in mano la Lonely Planet per chiedere una informazione.

                  Il tipo ha cominciato subito a sfogliarla, come cercando una conferma ad un suo dubbio, e si è fermato sul capitolo intitolato Nogorno Karabaq. Ha chiamato quindi un suo collega, ed entrambi hanno cominciato a parlare in modo concitato, a gesticolare, sbattere la povera guida sul tavolo. E poi si sono alzati mostrando il corpo del reato ad altri colleghi e tutti  sembravano molto arrabbiati, direi costernati. Io e Pierluigi guardavamo allibiti la scena. Avevamo però capito che per insondabili motivi intendevano sequestrarci la guida. Abbiamo cominciato ad agitarci: per viaggiatori solitari come noi la Lonely Planet è vitale come l’ossigeno.

                  Nel frattempo questi poliziotti cappelluti (portano un cappello largo e piatto che li rende alquanto ridicoli) sono saliti in cima a delle scale dove, abbiamo capito dopo, alloggiavano i capi. E poichè non volevamo arrenderci all’idea di perdere la nostra guida, hanno condotto anche noi alla loro presenza. Ma neanche i capi parlavano inglese e allora sono stati costretti a chiedere ad un autista di Tir di passaggio che parlava un po’ di francese di farci da interprete. Abbiamo finalmente capito che il “punto” era la collocazione del capitolo stesso alla fine dell’Armenia (cui attualmente appartiene politicamente, ma mai accettatodall’Azerbaijan) e non alla fine dell’Azerbaijan, come loro avrebbero voluto! Come se fosse colpa della Lonely Planet…. o nostra!

                  Ci hanno fatto vedere un’altra guida, in inglese,  sequestrata a precedenti turisti. Mentre l’incontro si svolgeva i capi ci offrivano “chai”, forse per ammorbidire i toni.

                   Dopo aver fatto tradurre al nostro camionista/interprete che noi non ci interessavamo di politica, che oltretutto non saremmo andati né in Armenia né nel Nogorno Karabaq…abbiamo pensato di mettere in pratica qualche strategia per scongiurare il pericolo del sequestro. Ed ecco la brillante idea che abbiamo partorito e che avrebbe potuto dare soddisfazione a tutti: tagliare il capitolo incriminato e tenerci il resto della guida! Ai “capi” è sembrata una soluzione onorevole. Hanno fornito un taglierino a Pierluigi che si è alzato solennemente in piedi e ha proceduto all’amputazione! Quindi dopo un altro chai, la visione di un po’ di TV azera (che fa tanto bene per rivalutare la nostra) siamo stati liberati con la nostra guida. Non senza prima avere avuto la raccomandazione di tenerla nascosta, uscendo, in modo che i sottoposti, più irati dei capi, non si rendessero conto della scarsa severità dei loro superiori.Ancora un ultimo controllo all’ultimo cancello…e via!   In questa fase segnaliamo l’episodio di uno dei ragazzini-soldato di guardia che dopo averci chiesto inutilmente “money”ci ha chiesto una banana. Gliela abbiamo data con il cuore che si stringeva un po’.

                     Ormai si era fatto tardi e pioveva, per cui abbiamo deciso di passare la notte nel parcheggio subito fuori la dogana, dopo aver per l’ennesima volta cambiato i soldi e inaugurato un nuovo borsellino.

                      L’indomani mattina imboccato l’unica statale che attraversa il paese e che va diretta a Baku. Solo che, non si sa come, dopo Genca abbiamo imboccato un’altra strada che attraverso una zona desertica e che arriva al Mar Caspio a 100 km sotto Baku. Il dramma è che per la maggior parte l’abbiamo percorsa a 20 km all’ora a causa dei lavori in corso (ditta Todini, per la cronaca). Il tutto peggiorato da un forte vento che alzava un polverone di sabbia. Un incubo. Abbiamo cercato di “recuperare” andando a visitare le grotte con i petroglifi che si trovano vicino a Qobustan. Si tratta di graffiti risalenti da 8000 a 2000 anni AC. Interessante soprattutto vedere la differenza tra i più antichi e più “moderni”.

                      Nei primi uomini e animali erano rappresentati a grandezza quasi naturale mentre negli ultimi avevano ormai acquisito il concetto di scala. Una solerte guida, un ragazzo sui 30 anni, si è offerto di accompagnarci dopo aver esposto il prezziario. In tutto 14 euro. Considerato che si beccava tutto lui e che abbiamo scoperto poi lo stato gli dava 30 euro al mese per il suo lavoro al museo, si è guadagnato una bella giornata. Poi con altri 4 euro ci ha accompagnato  vedere i vulcani di fango (non li avremmo mai trovati senza di lui, in un dedalo di piste battute in zona desertica). Un fenomeno vulcanico singolare, con questi piccoli coni vulcanici da cui fuoriesce con grosse bolle del fango freddo che poi si secca formando i cretti alla Burri. Paesaggio lunare molto suggestivo

                      Al ritorno parlando con il suo inglese faidate che sempre mi stupisce è anche venuto fuori l’odio interetnico, sempre più diffuso nel mondo, e che qui si materializza con gli odiati armeni. Gli anni 80-90 hanno visto grosse tensioni tra i 2 stati per il controllo del Nogorno Karabaq: la regione che tanti problemi ci ha creato alla frontiera. La nostra guida criticava il governo azero, accusato di troppo lassismo perché non riprendeva le armi contro gli armeni!

           Dormito vicino al sito dei graffiti con un vento sferzante che ha in pratica sabbiato il povero Filippo.

                      Uzbekistan                                                                               segue pag. 7