Pag. 8

Due buffi episodi accadutici a Baku.

 

1°episodio

                 Appena giunti in città ci siamo messi subito alla ricerca della nostra ambasciata per sciogliere il nodo se poter o meno lasciare il camper a Baku e volare in Uzbekistan. Eravamo incerti sulla strada da imboccare quando una donnina ci ha abbordato chiedendoci (un misto di gesti e qualche parole di inglese ) dove volevamo andare. Alla nostra risposta “ambasciata d’Italia” ci ha subito controproposto l’ambasciata di Francia, che era lì dietro. Alla nostra resistenza ha insistito ancora un po’ per poi arrendersi. Ha a quel punto assunto un cipiglio da comandante, mi ha strappato di mano i fogli che avevo con tutti gli indirizzi e telefoni delle varie ambasciate italiane nei vari paesi si è messa in marcia sicura, intimandoci di seguirla.

                 Dopo pochi minuti si è fermata, ci ha fatto cenno di aspettarla, e sempre con i nostri fogli stretti in mano, è salita per una scaletta ed è sparita dentro una porta. E’ ricomparsa quando stavamo cominciando a preoccuparci per la lunga assenza. Ha ripreso il cammino per vicoli e vicoletti (c’era una strada facile e diritta per l’ambasciata ma lei l’ha disdegnata) sempre tenendo ben stretti i nostri fogli. Arrivati davanti ad una casa ci ha invitati ad entrare. Per un attimo abbiamo pensato di essere giunti a destinazione ma il pensiero si è subito dissolto. Ci siamo trovati (forse) in una casa privata, in un lungo e stretto corridoio pieno di gente che conduceva ad una piccola stanza, molto stretta anch’essa, dove molte persone si accingevano ad entrare con espressioni contrite, le donne con il capo coperto. La nostra “conducatora” vedendomi esitante mi ha messo un  fazzoletto in testa e mi ha praticamente spinta nella stanza. Da un lato c’era una tavolo con un piattino con di soldi (evidentemente offerte) e una sedia su cui era seduto un uomo. In fondo alla stanza una gigantografia (o forse un disegno) di un uomo tra i 50 e i 60 anni, magro, con la faccia un po’ storta e due baffetti, una specie di sorriso/ghigno ironico e una sguardo da ubriaco. Un caratterista a metà tra Toto’ e Charlot.

                  E di fronte a questa presunta santità tutti in coda per passargli davanti e poi uscire rapidamente per fare posto agli altri. Una situazione grottesca: già che noi abbiamo difficoltà al trasporto mistico davanti a personaggi di ben altro spessore….trovarci davanti a questo buffo personaggio….è già tanto se non siamo scoppiati a ridere fragorosamente! Chi sarà mai questa specie di santo bevitore che siamo stati spinti a pregare? Ci piacerebbe molto saperlo. In tutto questo la donnina continuava a tenere stretti nelle sue mani, sotto le sue carte, i nostri fogli. Avremmo dovuti strapparglieli con la forza…. ma non ce la siamo sentita. Abbiamo però mostrato l’espressione decisa di chi vuole riprendere il cammino e allora si è convinta ad uscire dalla casa misteriosa (dopo che l’omino al tavolo aveva allungato due manciate di caramelle – sante?-  a Pierluigi che si è ritrovato le saccocce piene!)

                  Ripresa la strada per l’ormai mitologica ambasciata e dopo altri 5 minuti di marcia l’abbiamo avvistata. Ma non appena abbiamo suonato qualificandoci come 2 turisti italiani e ci hanno aperto il cancello la donnina si è infilata più veloce di una lepre e prima che chiunque potesse rendersene conto era al bancone della reception, forse ad esporre le sue richieste (quelle che avrebbe voluto esporre all’ambasciata di Francia, ma noi eravamo stati testardi…). Ci sono voluti altri 10 minuti prima che il personale dell’ambasciata si rendesse conto che non era con noi e la invitasse ad uscire. Insomma un incontro pieno di misteri. Quando è scomparsa con i nostri fogli sarà andata a fare le fotocopie? Chissà.

                  Uzbekistan                                                          segue a pag 9